Eleonora Preti, assistente dell’Unità di ginecologia preventiva all’Istituto europeo di oncologia di Milano






L’endometriosi è una delle più comuni patologie ginecologiche e colpisce una percentuale variabile fra il 10 e il 17 per cento delle donne in età fertile. L’incidenza sale però al 40-60 per cento fra le donne che presentano dismenorrea (ciclo mestruale particolarmente doloroso) e al 20-30 per cento fra quelle con infertilità. Dati americani ci dicono che c’è un ritardo diagnostico di circa sette anni e che mediamente la donna vede cinque ginecologi prima di avere una diagnosi. E’ perciò importante che la donna avverta il ginecologo dell’insorgenza di sintomi addomino-pelvici (come ad esempio dolori, mestruazioni abbondanti e molto dolorose o rapporti sessuali dolorosi) per poter diagnosticare in tempi rapidi questa malattia cronica.
La terapia dell’endometriosi è basata sia sul trattamento medico (estro-progestinici, progestinici ed analoghi del GnRH), che serve ad inibire l’attività ovarica e quindi ad inibire la crescita dell’endometriosi, sia sul trattamento chirurgico, in particolare l’approccio laparoscopico che  elimina tutti i focolai di endometriosi pelvica.

Le modalità e la sequenzialità di questi trattamenti dipendono dalla gravità dell’endometriosi e dalla sintomatologia, da un eventuale desiderio di gravidanza e deve essere concordata tra il ginecologo e la paziente stessa.
Sebbene l’endometriosi sia riconosciuta come una patologia benigna, la sua associazione con il tumore dell’ovaio è stata descritta nella letteratura medica sin dal 1925, legata in particolare ad alcuni sottotipi istologici di cancro (quello a cellule chiare e quello endometrioide) .
In particolare recente studio pubblicato sulla rivista The Lancet Oncology, basato sui dati di 13 ricerche che hanno coinvolto 23mila donne, ha stimato che le donne che soffrono di endometriosi hanno un rischio più alto di sviluppare alcuni tipi carcinoma ovarico (endometrioide, cellule chiare e sieroso di basso grado).

Tuttavia l’aumento del rischio, dimostrato anche da studi precedenti, è modesto (il tasso varia da 1.32 a 1.9 per cento) ed una netta relazione di causalità non è stata riscontrata. Serviranno ulteriori ricerche e conferme per capire quali potrebbero essere i meccanismi correlati all’incremento del rischio. Nulla dunque sembra suggerire la necessità di modificare le attuali linee guida sulla gestione dell'endometriosi sia in termini di terapia che di follow-up.

Nessun commento:

Posta un commento