Rosanna Casagranda è una spendida ex fotomodella 55 enne di Pergine Valsugana che però nella vita è stata sfortunata.
Quasi 5 anni fa a seguito di una ischemia cerebrale a Rosanna viene diagnosticata la fibromialgia.
Di questa terribile malattia che causa dolori atroci in Italia soffrono quasi due milioni di persone (9 su 10 rappresentati da donne). Alcuni lo chiamano disturbo, eppure è una vera malattia, che per fortuna in Trentino viene riconosciuta.
È definita una sorta di malattia invisibile, che nessuno nota e quindi non capisce, e in fondo pare difficile inserire Rosanna nella categoria dei malati, viste le sue fotografie, scattate solo 5 mesi fa.
Rosanna ha il 50% di invalidità permanente, ora non più lavorare. Per anni si è occupata di nutrizionismo e benessere, «avevo anche realizzato una mia linea di cosmetici, poi è cominciato l’inferno, un lungo pellegrinaggio da un medico all’altro, poi la drammatica ultima diagnosi: si tratta di Fibromialgia»
Per questa malattia non esiste una cura specifica, l’unica cosa che può lenire minimamente il dolore sono gli antidolorifici che però spesso sono inutili. «Sono arrivata a spruzzarmi la morfina in bocca, ormai gli antidolorifici non mi fanno più nulla, è un dolore dei nervi, e confesso di aver pensato anche di farla finita.» – ci spiega Rosanna
Ora sembra che si sia aperto un piccolo spiraglio, «Ho cominciato a curarmi con lacannabis terapeutica, che in Italia è legale dal 2013 e si può acquistare in qualsiasi farmacia con la ricetta e che è un olio che contiene il principio attivo CBD della cannabis, e da quattro settimane sto molto meglio».
Esiste anche l’altro tipo di cura ancora più forte con la parte attiva della cannabis, ma in Italia non si trova più da nessuna parte. Da puntualizzare che questo tipo di cannabis si può usare ma è vietata la coltivazione. Insomma, in Italia curarsi con la cannabis terapeutica resta un tabù culturale. In Alto Adige ci sono 200 pazientisenza cura, lo Stato italiano ha finito le scorte.
La storia di Rosanna Casagrande è emersa grazie a una sua lettera inviata alla nostra redazione e una breve chiacchierata al telefono. Dopo una breve introduzione diamo voce volentieri direttamente a lei riportando fedelmente la sua lettera perché tutti possano conoscere la possibilità di curarsi con la cannabis terapeutica. Ecco il suo appello.
«Sono molto legata a queste foto, che risalgono a un anno fa: si tratta di un servizio fotografico. Sì, facevo la modella e lo faccio anche oggi, nonostante tutto. Voglio che le usiate perché, dopo averle postate sul mio profilo Facebook, ho notato che le persone “mi leggono” di più. La bellezza di un viso femminile, lo sappiamo, cattura l’attenzione. Il mio obiettivo, però, va ben oltre. Sono ammalata di fibromialgia, una malattia sempre più comune, un male che ti annienta e ti toglie la vita piano piano. Sono cinque anni che vivo con dolori fortissimi in ogni parte del corpo, ma da qualche settimana sono rinata. Ho cominciato una nuova vita. Ho cominciato una nuova cura.
Ho iniziato ad usare la cannabis a scopo terapeutico. Non si tratta di “farsi le canne”, che sono tutt’altra cosa, ma di assumere dei preparati galenici con i principi attivi che la cannabis contiene. Se ci pensate, tutti gli antidolorifici più in voga sono oppiacei, e il loro uso è ampiamente ammesso e diffuso. La cannabis ad uso terapeutico, in confronto, è acqua fresca, quanto a concentrazione di principi attivi.
Gli oppiacei danno dipendenza, la cannabis cura. E non solo la mia malattia, ma si usa per la sclerosi multipla, per i dolori neuropatici e per i dolori oncologici. Ho letto tanti studi sull’efficacia di questa pianta e ora in Italia i farmaci a base di cannabis sono legali. Legali, ma non si trovano, i medici non li prescrivono, le farmacie non li preparano e quando si trovano sono a carico del paziente. Perché?
Tornando a me, a parte i primi giorni, il dolore è praticamente scomparso! Sì, sto bene. E sto usando semplicemente un olio, dosato dal mio specialista, che non ha nemmeno tutti i principi della cannabis: cioè non ha la parte psicoattiva, quella che agisce sul sistema nervoso (e che si trova per esempio nelle sigarette). Dopo aver provato su di me, ho deciso di lottare perché tutti vengano a conoscenza di queste terapie.
Non sto cercando pubblicità.
Sto solo combattendo una battaglia. Mi aiuta Stefano Balbo, ammalato di sclerosi multipla e anche lui “rinato” dopo aver iniziato la terapia a base di cannabis. Insieme, vorremmo fare in modo che queste terapie vengano passate dal Sistema sanitario nazionale. Io ora sto bene e vi giuro che vivere senza dolore è meraviglioso! Non mi sembra vero. Ora ho bisogno dell’aiuto di tutti. Voglio donare la mia esperienza agli altri. Per me non è stato facile uscire allo scoperto, vuol dire esporsi a critiche e soprattutto ammettere di avere un problema. In fondo, la mia (la nostra) malattia è “invisibile”, quindi avrei potuto continuare a restare nell’ombra. Invece voglio che si parli di fibromialgia e della cura a base di cannabis terapeutica, lo voglio per chi soffre e non sa, per chi non conosce e sopravvive disperato.
Per la mia fibromialgia ho provato di tutto, sono stata dappertutto ma senza nessun risultato. Antidolorifici sempre più forti, a volte sono stata presa per psicopatica e liquidata con le solite medicine. E ogni volta ne uscivo devastata. L’anno scorso sono perfino andata da un anestesista e ogni sera mi spruzzavo in bocca con una siringa una dose di anestetico per poter dormire. Ma avevo solo allucinazioni e il male mi triturava l’anima. Ho pensato di farla finita, ma poi guardavo Pantuff, il mio cane, e mi fermavo.
A chi l’avrei lasciato? Ho un’invalidità del 50 per cento e ho dovuto smettere di lavorare. Non percepisco niente perché sono, ero una libera professionista. Da tempo, da anni studiavo un rimedio, la medicina è il mio lavoro, ma non riuscivo a trovare la via, una strada che potesse essere quella giusta. Adesso l’ho trovata e dovete saperlo anche voi, perché chiediate al vostro medico di curarvi in questo modo. Spesso i dottori sono impreparati o diffidenti. Occorre invece un cambio radicale di prospettiva: solo così daremo una serenità di cura a chi ne ha davvero bisogno»
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