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La riduzione del dolore e della sofferenza post-operatoria rappresenta uno degli obiettivi che la moderna medicina, insieme alla prevenzione patologica di qualsiasi natura, si è prefissata per poter incrementare il livello qualitativo dell’assistenza che troppe volte si trova impreparata dinanzi la gestione delle complicazione post-operatorie. In particolare per il cancro al seno, uno dei tumori più diffusi nella popolazione femminile, ma anche maschile seppur in percentuali notevolmente minori, le principali complicanze emergono all’atto dell’intervento di demolizione, ovvero la mastectomia, con percentuali che secondo una ricerca potrebbero esser correlate a predisposizione genetica.
A rivelare questo scenario sono stati i risultati di uno studio pubblicato sulla rivista Minerva Anestesiologica, un lavoro condotto da ricercatori italiani della Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia che avrebbero individuato il gene di codifica per il recettore degli oppiodi grazie al quale viene strutturata e finalizzata la terapia del dolore migliorando anche i parametri di aderenza terapeutica e di recupero delle donne sottoposte all’intervento. Si tratta di un passaggio apparentemente banale rispetto la predizione e la prevenzione di formazione del cancro al seno, anch’esso genetico su locus specifico, eppure la possibilità di sostenere una mastectomia senza complicanze, grazie anche all’introduzione di interventi con approcci multidisciplinari coordinati da tecniche onco-plastiche che ridanno simmetria al corpo. I dolori nel post-operatorio descritti in casi di mastectomia sono di diverse tipologie, alcuni sono correlati alla formazione di capsule, alla compressione dei nervi pettorali laterale e mediale sotto il muscolo pettorale oppure al distacco del muscolo dentato anteriore risultante dalla pressione esercitata sul muscolo dall’impianto adottato.
Per tali motivi, oltre che per l’elevata imprecisione tutt’oggi esistente nella capacità predittiva, la possibilità di comprendere il polimorfismo genetico potrebbe migliorare notevolmente non soltanto la terapia del dolore ma anche ridurre le recidive di sviluppo del cancro al seno, spesso dovute alla somministrazione di dosi maggiori di morfina per compensare proprio i disturbi sintomatici dopo una mastectomia. L’importanza dello studio è quindi ben chiara in termini di rischio/beneficio per la definizione di terapia di recupero personalizzate e tali da ridurre nel lungo termini gli elevati costi di trattamento di natura sia diretta che indiretta.

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