L’endometriosi è malattia cronica e spesso invalidante che interessa in Italia circa 3 milioni di donne. Individuarla però può richiedere anni. Ecco perché
Dolore pelvico, mestruazioni molto dolorose, disturbi gastrointestinalio urinari durante il ciclo e riduzione della fertilità: così si manifesta l’ endometriosi, una malattia con la quale convivono nel mondo duecento milioni di donne. 3 milioni solo nel nostro Paese.
Nei nuovi Lea
L’ endometriosi è una malattia cronica complessa, originata dalla presenza dell’endometrio (tessuto di rivestimento dell’utero) in organi come ovaie, tube, peritoneo, vagina, intestine, dove quindi non dovrebbe essere presente. È una delle cause dell’infertilità (per il 30-40% delle donne che ne se sono affette). Purtroppo ritardo nella diagnosi, informazioni terapeutiche non sempre adeguate e assistenza frammentata riguardano ancora questa malattia, che nei nuovi Lea (Livelli essenziali di assistenza) è stata inserita tra quelle croniche e invalidanti, garantendo così alle donne che ne soffrono in maniera grave l’esenzione per alcune prestazioni. Le terapie per ridurre la sintomatologia dolorosa (trattamenti ormonali, analgesici) rimangono, invece, a carico delle pazienti.
Diagnosi precoce ancora difficile
Secondo Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe che ha pubblicato la sintesi italiana delle Linee guida del britannico National Institute for Health and Care Excellence (Nice), troppe donne rimangono senza diagnosi per molti anni, con peggioramento della qualità di vita, progressione della malattia e peregrinazioni tra consulti specialistici e indagini diagnostiche non sempre appropriate. Ecco perché la prima grande sfida è diagnosticare quanto prima una malattia spesso non sospettata, identificando precocemente segni e sintomi sin dai primi consulti, in particolare nelle adolescenti.
Linee guida per il trattamento
Le Linee guida del Nice forniscono raccomandazioni cliniche sia per la diagnosi, sia per il trattamento dell’ endometriosi: dai segni e sintomi che generano il sospetto di malattia ai criteri di appropriatezza dei test diagnostici (ecografia, risonanza magnetica, laparoscopia), dalle consulenze specialistiche ai trattamenti (analgesici, terapia ormonale, chirurgia).
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