Nancy Peterson (fondatrice di un gruppo in america)

Ecco il testo di Nancy Peterson fondatrice di un gruppo come il nostro in America. Lei sta lottando strenuamente perchè non ci sia più disinformazione tra le ammalate di endo e tra i medici che se ne occupano. E' una fonte sicurissima e se qualcuno confutasse ciò che dice senza prove alla mano, sappiate che non ha buone intenzioni nei vostri confronti!
Nancy Petersen
Benvenute alle nuove arrivate dell’ultimo mese e a chi c’è da prima. E’ ora di rivedere la questione endometriosi e di spiegare perché le cose non funzionano riguardo a questo argomento.
Per prima cosa, l’endometriosi è conosciuta da centinaia di anni, ma solo nei primi del Novecento un Dottore di nome John Sampson ha deciso che l’endometriosi era una lesione di colore nero sull’ovaio, che derivava dal sangue della mestruazione retrograda dovuta al ritardato concepimento di un figlio e che si poteva curare con la gravidanza o con la castrazione della donna. Queste e altre credenze venivano insegnate nelle scuole di medicina fino a tempi molto recenti, fino a quando la ricerca ha evidenziato che l’endometriosi, in verità, ha molti colori. Dall’origine di questi concetti riferibili a Sampson ad oggi sappiamo che nessuno di essi corrisponde al vero.
Nonostante ciò molti dottori ancora abbracciano queste teorie.
Per prima cosa, iniziando dai colori, sappiamo che uno scienziato di nome Jansen dell’Arizona nel 1969 pubblicò uno studio in cui si precisava che effettivamente l’endometriosi poteva avere molti colori e in molte pazienti si possono vedere tutte le manifestazioni di colore contemporaneamente. Negli anni Ottanta il Dottor David Redwine sviluppò questo studio dimostrando che il colore dell’endometriosi cambia col tempo. Se l’endometriosi è di formazione recente essa avrà un aspetto papulare (pustoloso), poi arancione, poi rosso, poi blu o bianco di forma fibrotica. La manifestazione nera è molto rara, infatti molte lesioni nere erano in verità depositi di ferro dovuti al ristagno di sanguinamenti dei tessuti causati dall’endometriosi. L’endometriosi nei suoi primi stadi non possiede vasi sanguigni, quindi non sanguina direttamente. Diversamente possono esistere endometriomi o noduli che vengono infiltrati e alimentati da sangue di micro circolazione.
Lesioni bianche e fibrotiche erano originariamente credute e chiamate lesioni “cauterizzate” e sovente lasciate nelle pelvi. Ma se esse vengono rimosse e sottoposte ad esame istologico, risulteranno essere aderenze fibrotiche e sotto ad esse le ghiandole e lo stroma risulteranno di endometriosi attiva.
Per secondo Redwine mappò le localizzazioni di endometriosi e constatò che la malattia non si trova spesso sull’ovaio, anzi, vi erano da 7 a 9 altre aree maggiormente colpite nelle pelvi dalla malattia rispetto all’ovaio. Il pavimento pelvico, le pareti pelviche, la vescica, l’utero, l’intestino, i legamenti all’interno e all’esterno delle pelvi e altre nascoste aree delle pelvi sono tutte localizzazioni coinvolte più frequentemente dalla malattia rispetto alle ovaie. Ciò significa che se stai cercando una lesione nera sulle ovaie avrai il 75 % delle possibilità di farti sfuggire la malattia. Ma molti medici continuano ad avere questo tipo di approccio.
Poi, sempre considerando la mestruazione retrograda come causa della malattia, se si esamina il rivestimento dell’utero (endometrio) e l’endometriosi della stessa paziente, sarà evidente che la loro fisiologia e la loro struttura è molto differente; l’endometriosi non presenta recettori ormonali che sono invece presenti nel rivestimento uterino. Ciò significa che l’endometriosi non è in grado di accogliere ormoni come invece fa l’endometrio e questo potrebbe giustificare l’aumento e la discontinuità dei dolori al di fuori dal periodo mestruale. E’ infatti difficile definire una reale regolarità mensile del sopraggiungere dei dolori. Un altro importate concetto riguarda l’ipotesi di impianto del tessuto endometriale in altra sede. Se si trapianta un tessuto da un sito ad un altro vi è un iniziale fissaggio. Si può meglio capire cosa succede osservando il comportamento di un impianto di tessuto nel caso di una bruciatura cutanea. La nuova pelle viene posizionata per l’impianto e aderisce gradualmente; essa verrà parzialmente incorporata, ma la linea di congiunzione dei due tessuti non sparirà mai. Si potrà sempre vedere tale giuntura. Ciò non avviene nell’endometriosi.
Sempre negli anni Ottanta il Dottor Redwine, in collaborazione con l’ufficio dell’esaminazione medica dell’Oregon, asportò in autopsia dei tessuti di pelvi di neonato deceduti per cause non relazionate all’endometriosi. Scoprì che l’11 % di questi campioni di tessuto corrispondevano alla conformazione ghiandolare dell’endometriosi. Successivamente un gruppo di studiosi in Italia arrivarono ai medesimi risultati sul 10 % dei feti analizzati. Tale percentuale corrisponde alla frequenza della diffusione di endometriosi nella popolazione. Ciò dimostra che vi è presenza di endometriosi già nello sviluppo fetale.
Successivamente il Dottor Redwine studiò lo sviluppo della malattia e scoprì che le donne che soffrivano da più tempo di endometriosi non avevano aree di coinvolgimento maggiore rispetto a chi soffriva da meno tempo della malattia. Ciò suggerì che la malattia fosse statica. Questa scoperta, e il fatto che ci fosse una minore ricorrenza della malattia dopo un intervento mirato di eradicazione, suggerirono che ciò fosse un efficace mezzo per il trattamento dell’endometriosi.
Poi ci furono le 72 pazienti che il Dottor Redwine analizzò durante il suo primo anno di attività di escissione dell’endometriosi che avevano subito isterectomia totale molti anni prima (alcune anche da più di 20 anni) ma che avevano endometriosi attiva. Alcune non assumevano nemmeno cure estroginiche sostitutive. Dopo essersi sottoposte a escissione della malattia queste pazienti notavano una sensibile remissione dei sintomi. Il 75% di queste pazienti erano state precedentemente dimesse con un referto di nevrosi, nonostante le biopsie che provavano la presenza di endometriosi.
Negli anni Sessanta un chirurgo sottopose una paziente ad intervento (c-section nel testo originale). La paziente non aveva i sintomi o una storia clinica che rimandasse ad endometriosi. Le venne asportata una ciste scura dall’ovaio e sottoposta ad esame istologico. Conclusioni? Secondo questo medico la paziente aveva endometriosi ed era guarita grazie ad una gravidanza. Questa teoria assieme alle altre di Sapmson (es: la castrazione curativa) sono alla base delle terapie farmaceutiche (analoghi delle gonadotropine per creare una menopausa chimica o stimolazione ormonale ai fini procreativi), le quali, ad oggi, non hanno NESSUN fondamento scientifico.
Quindi sulla base della storia dell’endometriosi non vi è alcun supporto scientifico che avvalori le terapie, le castrazioni chirurgiche, le gravidanze, le pseudo gravidanze o le pseudo menopause come efficaci per la cura dell’endometriosi. Sono specchi per le allodole e fumo negli occhi delle pazienti. È uno degli eventi più misogeni nella storia della salute della donna ed è vergognoso.
Ad oggi su 55000 ginecologi presenti negli Stati Uniti e il Canada solo meno di 100 operano specificatamente di endometriosi. Tutti i ginecologi pensano di essere in grado di operare la malattia, ma poi, quando l’intervento fallisce, spesso dimettono la paziente consigliando cure psicologiche. Molti di loro non tengono in considerazione l’aspetto e la localizzazione più frequente statisticamente della malattia come mezzo per un intervento efficace . Alcuni di loro addirittura non operano nella parte bassa delle pelvi e, recentemente, un chirurgo con poca esperienza, cercando di spostare l’utero di una paziente, glie lo ha perforato.
Alla paziente è stato detto che è una cosa comune e che succede nel 95% dei casi. Questa è una bugia. Ci vogliono esperienza e capacità per localizzare, identificare e eradicare l’endometriosi. L’endometriosi microscopica non esiste. La lesione più piccola è grande come un capello umano, visibile ad occhio nudo. Per essere un valido chirurgo deve tenere in considerazione e applicare le moderne scoperte (il lavoro del Dottor Redwine).
Pochi medici consigliano alle pazienti cure per il dolore pelvico eppure il dolore è peritoneale in quanto coinvolge sintomi quali gonfiore, nausea, pallore, dolori durante i rapporti, dolore alla peristalsi, dolore al riempimento della vescica, dolore all’esercizio fisico e durante gli esami medici a carico delle pelvi. Con “peritoneale” intendo che la malattia provoca segnali e sintomi a carico del peritoneo che, generalmente, vengono tenuti in seria considerazione nelle altre malattie e contrastati aggressivamente con farmaci e cure antidolorifiche. Nelle donne con endometriosi la questione viene sottovalutata a mero dolore mestruale.
Purtroppo, ad oggi, se una donna vuole stare meglio, in molti casi deve viaggiare per cercare qualcuno di veramente capace di operare l’endometriosi altrimenti si troverà in un circolo vizioso fatto di continui interventi inefficaci per essere magari dimessa come nevrotica e lasciata al proprio destino.
Ci sono ottime ragioni per sottoporsi ad un isterectomia, ma l’endometriosi non è una di queste. Se lo scopo è ottenere la remissione del dolore, l’endometriosi deve essere eradicata totalmente. Rimuovere gli organi sarà inefficace se dietro ad essi lasci l’endometriosi.
Ancora una volta mi è venuta in mente un infermiera Australiana, Suor Kenny, che ebbe l’esperienza di assistere malati di poliomelite: Sviluppò un trattamento che preveniva la rigidità e il dolore articolare con impacchi caldi e dell’esercizio. Per aver usato tali rimedi fu severamente giudicata da ogni parte del mondo per decenni. Successivamente ci si accorse che aveva ragione e i suoi metodi vennero adottati nei centri adibiti alla cura della poliomelite. Quando le fu chiesta la sua opinione riguardo le ragioni di tanta reticenza e lentezza nell’ adottare cambiamenti nelle cure che, peraltro, avevano dato tanto beneficio con così poco, rispose: “ Quando parliamo con la voce dell’autorità, cominciamo a pensare di essere noi stessi l’autorità”. Quando lessi questa frase pensai l’esatto contrario. E’ pieno di evidenze che dimostrano che gli interventi specializzati e ben fatti di endometriosi cambino le vite delle pazienti. Ciò è ben documentato e pubblicato, ma dov’è il resto del mondo? Perché abbiamo fallito nella comprensione compassionevole di quelle vite afflitte da disperazione e solitudine? Com’è possibile che non riusciamo a sentire o comprendere la loro sofferenza?
Nancy Petersen (infermiera in pensione)
Patient care advocate (figura no profit che si schiera per i diritti del paziente).

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