Federica
Rondino: IO HO L’ENDOMETRIOSI
Sono
stata fortunata, ma cieca
Mi
chiamo (sono) Federica e mentre scrivo mi trovo a casa a passare la degenza
post operatoria. Sono reduce da un intervento in laparoscopia per endometriosi.
Qualche ciste, un mioma, le aderenze e un nodulo: nulla se paragonato a tanti
altri interventi che le donne affette da questa malattie si trovano ad
affrontare. Sono una donna fortunata: la prima volta che ipotizzarono che
potessi essere affetta da endometriosi era il 1995, illuminato fu il ginecologo
che me la diagnosticò ancora lontani erano infatti i tempi moderni con centri
specializzati e medici che si occupano prevalentemente di questa malattia. I
tempi erano tanto precoci che l’unica cosa che il Ginecologo seppe consigliarmi
fu la pillola anti concezionale. E così passai dai 15 ai 21 anni prendendo ogni
mattina, senza interruzione la pillolletta per scoprire solo molti anni dopo
che, essendo positiva al Fattore II, la pillola era per me pericolosa. Comunque
la interruppi da sola, un giorno del 2001: non ne potevo più. Lascio solo immaginare
le conseguenze sul corpo di un’adolescente di tanti anni di progesterone ed
estrogeni e le implicazioni psicologiche che ciò ha comportato…. Malgrado la
pillola i dolori non passavano e non passavano neppure gli svenimenti e le
ipotesi che si passavano di bocca in bocca gli insegnanti e i compagni su una
mia Ipersensibilità allo stress. Ancora una volta sono fortunata: avevo (ho)
una madre che non ha mai sottovalutato il fattore malattia e che anzi per anni
mi ha consigliato di farmi vedere da qualcuno di esperto e di pensare ad
operarmi. Mi ha sostenuta. Ma io ero cieca. Mi ero auto-convinta che il dolore
che provavo fosse una mia esagerazione, che fossi io troppo sensibile al male.
Leggo che molte donne perdono fino a 5 gg di lavoro al mese per l’endometriosi,
io ho sempre cercato di non buttarmi a letto e drogandomi di aulin e di
cocktail di medicine varie di andare a lavorare rischiando ogni volta di collassare
per strada con l’ilarità di colleghi e colleghe che mi reputavano “esagerata”.
Figuriamoci mio padre che pensava che fossi una donnetta. Ammetto che tanto
lavoro fatto sul respiro negli anni mi ha aiutato a lottare contro il dolore. A
poco a poco ho lasciato andare via idee e propositi su alcuni lavori perché
terrorizzata: “e se mi dicono di partire quando ho il ciclo come faccio?” “e se
devo tenere una conferenza con il male, io non posso” e così sono arrivata a 34
anni castrandomi lavorativamente e socialmente. Sono una donna fortunata, sono
circondata da medici che sempre mi hanno detto di farmi curare, perché
esistevano oramai specialisti di endometriosi. Ma io ho continuato ad essere
cieca per molto tempo: ero io la prima a reputarmi matta. Fino a quando una
notte ho creduto di morire e così, dopo una corsa al pronto soccorso e dopo che
il ginecologo di turno mi ha detto che non avevo niente, sono esplosa: NO, NON
è VERO, IO STO MALE. I miei occhi hanno così iniziato a vedere la malattia e
quando successivamente il Ginecologo a cui mi sono rivolta ha detto ”ma tu con
una endometriosi così avanzata come hai fatto a vivere normalmente tutti questi
anni?” ho visto scorrere davanti ai miei occhi anni di incomprensioni, di “sei
esagerati”, “la tua è solo una scusa per non fare”, “voi donne vi lamentate
sempre” e ho urlato a tutti: sapete che in tutti questi anni ho sopportato il
dolore molto bene… IO STO VERAMENTE MALE. Ho così finalmente deciso di operarmi,
non che mi avessero lasciato molte scelte dato che non riuscivo nemmeno a rimanere
incinta… Quando ho preso la decisione ero triste: in qualche modo avevo paura a
separarmi da un dolore tanto forte che era stato per anni l’unica sofferenza grazie
a cui concedevo, a volte, a me stessa il diritto di stare male. Mi hanno
operata in fretta. Sono dovuta andare in clinica perché nel centro
convenzionato c’era troppa attesa e le cisti rischiavano di scoppiare. Sono
fortunata, ho l’assicurazione sanitaria, ma se non l’avessi avuta cosa avrei
fatto? Niente, avrei aspettato i 6 mesi con le possibili conseguenze. Ora ho le
cicatrici sulla pancia e l’ombelico che attestano la mia operazione e quando le
osservo sono felice. So che dall’endometriosi non se ne esce con un’operazione,
conosco il cammino che voglio intraprendere per contrastarne il ritorno, ma mi
sento molto eccitata all’idea di affrontare la vita, almeno per un periodo,
senza un dolore che ha deciso le date delle mie vacanze, i lavori di cui
accontentarmi, la vita di coppia e le relazioni sociali da cercare. Ho una
cuginetta che ha gli stessi dolori e sintomi che avevo io e a cui purtroppo in
molti stanno dando della matta. Ho degli zii che mi chiamano per chiedermi: “ma
questa endometriosi cos’è? È tutta una cosa psicologica, vero?” Sono passati 20
anni dalla mia diagnosi, ma le cose nella percezione comune non mi sembrano
cambiate.
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