<Flash dalla ricerca medica internazionale >
Valutare la frequenza della violenza domestica fra le donne che richiedono un’interruzione volontaria della gravidanza: è questo l’obiettivo dello studio condotto da T.T. Wokoma e collaboratori, del Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia del Royal Infirmary di Kingston upon Hull, Regno Unito.
Lo studio è stato realizzato nell’Inghilterra nord orientale, confrontando i dati relativi alle donne che si sottopongono all’aborto con quelli delle donne che richiedono invece una normale assistenza ostetrica. Le informazioni sono state raccolte con un questionario basato sull’Abuse Assessment Screening Tool e somministrato nel primo trimestre di gravidanza. In particolare, sono state misurate:
- le motivazioni delle richieste di interruzione volontaria della gravidanza;
- la prevalenza della violenza domestica nelle due popolazioni;
- ogni possibile differenza riconducibile a caratteristiche come l’età, il livello di cultura, la situazione affettiva (single, coppia stabile).
La ricerca ha coinvolto 507 donne, di cui 274 hanno richiesto l’aborto e 233 hanno proseguito la gravidanza. Dall’elaborazione dei dati emerge che le donne che richiedono l’interruzione volontaria della gravidanza hanno, all’interno della relazione corrente:
- un rischio 6 volte più elevato di patire violenza fisica;
- un rischio 5 volte più elevato di patire violenza emotiva.
Il dato più eloquente sulla vita di queste donne, però, è che solo 10 su 274 considerano la violenza domestica subita quotidianamente da parte del partner come un fattore rilevante nella decisione di procedere all’aborto volontario. Questo induce a pensare che la minaccia fisica e la pressione psicologica siano tali da portarle a negare, consapevolmente o meno, la triste evidenza della propria condizione. Da tutto ciò emerge la necessità di un’assistenza medico-legale ancora più efficace nell’aiutarle a liberarsi dalla relazione violenta e a ritrovare la serenità.
http://www.fondazionegraziottin.org/it/articolo.php?EW_CHILD=19615
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